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Posts Tagged ‘finanziamento pubblico’

Un prete in meno pagato dal Sant’Orsola, un infermiere in più da assumere

19 Maggio 2014

«Un prete in meno pagato dal Sant’Orsola, un infermiere in più da assumere».
Il circolo Uaar di Bologna saluta positivamente il taglio dei fondi che il Sant’Orsola versa annualmente nelle casse della Curia per l’assistenza religiosa cattolica (da 128mila euro l’anno si è passati a 102mila).
Grazie all’inchiesta svolta dal nostro circolo e alle interrogazioni del consigliere regionale Grillini, nei mesi scorsi la cittadinanza aveva appreso che i sacerdoti in corsia non sono volontari, ma sono pagati dalle USL con stipendio da infermiere e godono di privilegi come uffici, alloggi, luoghi di culto e relative utenze sempre a carico del SSN.

«Non ci fermeremo. Anche gli altri quattro assistenti religiosi cattolici scelti dalla Curia devono essere tolti dal libro paga dell’ospedale».
In un paese laico e civile non si può tollerare che esistano cittadini di serie A e di serie B. Ed è ancora più grave se ciò accade gravando sui bilanci degli ospedali e discriminando i pazienti per motivi religiosi, tra cattolici e non cattolici. «Se la Curia vuole mettere a disposizione un sacerdote ai ricoverati che lo richiedono, non ha che da comportarsi come le associazioni che confortano i pazienti senza privilegi, pubblicando i bilanci e autofinanziandosi».

Comunicato stampa

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Soldi per il culto o culto per i soldi (pubblici)?

7 Aprile 2014
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Il Circolo UAAR Bologna invita al secondo incontro organizzato con il Centro Studi Laicità Unibo:

Soldi per il culto o culto dei soldi (pubblici)?
Come e perché i comuni, nel terzo millennio, continuano a finanziare l’edilizia privata di culto.

Roberto Grendene, responsabile campagne Uaar
Franco Grillini, consigliere regionale
Luigi Pati, premio di laurea Uaar 2013
Mario Serantoni, presidente chiesa Metodista Bologna e Modena.
Presenta Giulia Russo del C.S.L.
Mercoledì 9 aprile, ore ore 21, Sala Silentium, in Vicolo Bolognetti 2
Ingresso libero.
Scarica la locandina

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Convegno “Le parole chiave per il futuro della nostra Scuola”

14 Marzo 2014
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Abbiamo aderito a questo convegno nazionale di formazione sulla funzione costituzionale della scuola.

Sarà l’occasione per conoscere lo stato dell’arte delle mobilitazioni a difesa della scuola pubblica e per ritrovare molti compagni di viaggio del Comitato Articolo 33.

Di particolare interesse il confronto fra Osvaldo Roman e Corrado Mauceri sull’interpretazione della legge di parità (62/2000) e sul rapporto fra scuola pubblica e privata.

Il convegno intende anche analizzare la piena attualità della Legge di iniziativa popolare per una buona scuola, che ha raccolto 100.000 firme del 2006, e verificare la possibilità di ripresentazione in Parlamento.

Di seguito l’invito degli organizzatori.

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Un importante convegno per rilanciare la funzione fondamentale della scuola della Costituzione

Costituzione, democrazia, uguaglianza, merito, scuola pubblica, legge popolare, queste le parole chiave del convegno nazionale che si terrà a Bologna il prossimo 15 marzo presso il Liceo Copernico con decine di importanti adesioni e  il cui programma è reperibile su www.scuolaecostituzione.it/parolechiave

Il Convegno è organizzato dall’Associazione nazionale “Per la scuola della Repubblica” Ente accreditato dal Miur come formatore ed ha pertanto valore formativo per il personale della scuola.

Lo scopo principale del Convegno è rilanciare il dibattito sulla funzione costituzionale della nostra scuola come Istituzione in grado di rendere esigibile il diritto all’uguaglianza delle opportunità sancito dall’art. 3, soprattutto in questo momento in cui si amplia la discriminazione sociale ed economica verso i ceti più deboli.

Di questo vogliamo che studenti, genitori e operatori scolastici discutano con la Professoressa Lorenza Carlassare, professore emerito di diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova e prima donna italiana ordinaria nel settore e con il Prof. Andrea Morrone, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università di Bologna.

Può il merito essere la soluzione dei problemi della nostra società bloccata? Ci può essere giusto merito senza uguaglianza di opportunità?  Questo il tema del confronto fra la Prof. ssa Nadia Urbinati, docente di Teoria politica presso il Dipartimento di scienze politiche della Columbia University e il Prof. Andrea Ichino, docente di economia politica presso l’università di Bologna.

Di piena attualità, dopo le esternazioni del nuovo Ministro, Il confronto sulla legge di parità (L. n. 62/2000) fra l’Avv.to Corrado Mauceri membro dell’associazione nazionale Per la Scuola della Repubblica da sempre impegnato nella difesa della funzione costituzionale della scuola statale e il Prof. Osvaldo Roman membro dell’Ufficio legislativo del gruppo PD della Camera e parte attiva nella emanazione della Legge n. 62/2000, che ha appena pubblicato un libro dal titolo “La scuola privata non è scuola pubblica”.

La legge popolare per una buona scuola per la Repubblica fu depositata presso la Camera dei deputati il 4 agosto 2006 sostenuta da 100.000 firme e da 120 comitati di base locali. Fu incardinata con il n. 1600 nella XV legislatura. La VII commissione ne iniziò la discussione ad aprile 2007. La crisi di governo del gennaio 2008 e l’opposizione di PD e PDL al provvedimento ne interruppero l’iter. Nella XVI legislatura prese il n. 1, ma non fu mai discussa né considerata ai fini dell’emanazione della Legge Gelmini. Dopo due legislature le leggi popolari decadono.
Il Convegno intende verificare la sua piena attualità e la possibilità di ripresentazione in Parlamento.

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I dati della Regione dal 2010: 8,8 milioni alle diocesi per i sacerdoti in ospedale

28 Gennaio 2014

L’assessorato Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna ha risposto oggi all’interrogazione di Franco Grillini (LibDem) presentata il 20 gennaio scorso, nella quale era stato chiesto alla Giunta «a quanto ammonti la spesa complessiva sostenuta dalle Aziende del Servizio sanitario regionale nell’arco temporale 2010-2013 per finanziare il servizio di assistenza religiosa».

ar_costi_2010_2013L’assessore Carlo Lusenti scrive nel documento presentato all’assemblea regionale che «la spesa complessiva regionale per l’assistenza religiosa sulla base dei bilanci presentati dalle Aziende sanitarie è :
al 31.12.2010 è di 2.207.000,00 euro
al 31.12.2011 è di 2.208.000,00 euro
al 31.12.2012 è di 2.208.000,00 euro
Per il 2013 la spesa è stata verificata sulla base del preconsuntivo, e quindi soggetta a variazione, ed è pari a 2.183.000,00 euro».

Nel periodo 2010-2013 è stato dunque necessario pagare alle diocesi 8.806.000 euro per fare sì che i sacerdoti cattolici svolgessero la loro azione pastorale all’interno degli ospedali dell’Emilia Romagna. Una media di oltre 2,2 milioni l’anno, che non tiene conto delle ulteriori spese che le Ausl sostengono per cappelle e sale riunioni gestite dagli assistenti religiosi cattolici, e delle spese per alloggi, pulizie, utenze e altri privilegi a loro riservati.

I proclami per una Chiesa povera si scontrano con una realtà ben diversa: nemmeno il conforto religioso agli ammalati cattolici è gratuito, ma pagato a caro prezzo da tutti i contribuenti.

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Due interrogazioni in Regione sugli assistenti religiosi pagati dalle Ausl

22 Gennaio 2014
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Il nostro circolo e alcuni giornali locali hanno portato alla luce il problema dei privilegi e dei costi pubblici dell’assistenza religiosa cattolica negli ospedali. Per le sole province di Bologna, Modena, Ferrara Ravenna e Parma bisogna pagare alle diocesi un  milione e 229mila euro annui di soldi pubblici affinché mandino sacerdoti — o altre figure scelte a discrezione del vescovo — per dare conforto religioso cattolico ai pazienti cattolici. E a Bologna manca ancora all’appello il dato dell’ospedale Rizzoli.

Cominciano ad arrivare segnali dalla politica. Sono state infatti presentate due interrogazioni in Regione. La prima, nr.1700 del 16 gennaio 2014,  da Stefano Cavalli (Lega Nord). La seconda, nr.1885 del 20 gennaio 2013, da Franco Grillini (LibDem),

interrogazionecavalli20140126A sopresa, nella sua interrogazione a risposta scritta la Lega Nord chiede, «viste le recenti e continue strette sulla spesa sanitaria e visto il deteriorarsi delle condizioni di lavoro del personale sanitario»,  di «rivedere i termini, soprattutto finanziari, della convenzione che oggi lega le aziende sanitarie e ospedaliere con la Curia». Inoltre fa presente che «esistono confessioni religiose, come, ad esempio, le Chiese rappresentate dalla Tavola valdese, che si assumono il costo dell’assistenza religiosa elargita ad i propri fedeli».

interrogazionegrillini20140120L’interrogazione presentata da Franco Grillini (Gruppo Misto – LibDem) è invece a risposta immediata in aula, e sarà di conseguenza dibattuta pubblicamente durante l’Assemblea Regionale. Dopo aver delineato in dettaglio il quadro normativo, viene interrogata la Giunta «per sapere a quanto ammonti la spesa complessiva sostenuta dalle Aziende del Ssr nell’arco temporale 2010-2013 per finanziare il servizio di assistenza religiosa, ciò al fine di valutare quali azioni istituzionali e provvedimenti siano necessari al fine di far fronte alle prospettate esigenze di eliminare — o quantomeno razionalizzare — gli oneri e i costi a carico del Ssr derivanti dal servizio di assistenza religiosa». Ringraziamo inoltre l’on. Franco Grillini di aver citato nella sua interrogazione il lavoro di inchiesta del Circolo Uaar di Bologna.

Nel nostro primo articolo di denuncia chiedevamo: «Ci sarà qualche consigliere regionale che rimedierà a questa ennesima ingerenza clericale con relativa e inevitabile sottrazione di soldi pubblici?». Siamo lieti che siano arrivate le prime reazioni.

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Assistenti religiosi: le onerose convenzioni a Ravenna e Parma

19 Gennaio 2014

I costi a carico del Sistema Sanitario Nazionale per gli assistenti religiosi cattolici stanno facendo notizia anche in altre città della nostra regione. Il Carlino denuncia che per i «sacerdoti in ospedale stipendiati dall’Usl» si pagano 200mila euro a Modena e 137mila euro a Ferrara. In questo articolo illustriamo le spese che invece vengono sostenute a Ravenna e Parma, rendendo come sempre dispinibili gli atti in nostro possesso.

Ravenna: 136mila euro ogni anno per i sacerdoti in ospedale

Come rivela anche Ravenna&Dintorni, il circolo Uaar di Ravenna ha “spulciato negli archivi rendendo note le cifre complessive con i dettagli dei singoli presidi ospedalieri”. Sono quattro le convenzioni stupulate e riguardano i presidi ospedalieri di Cervia, Faenza, Lugo e Ravenna. Sono 136mila gli euro pagati ogni anno perché sette sacerdoti amministrino il culto cattolico, in base a convenzioni quinquennali che scadranno nel 2016 e potranno essere rinnovate per altri tre anni. Come al solito l’Ausl fornisce anche locali e alloggi, prendendosi a carico anche le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, delle pulizie, delle utenze e degli arredi. Maggiori dettagli nell’articolo di Ravenna&Dintorni. Di seguito i testi delle convenzioni e della deliberazione che le rende operative.

Parma: 250mila euro ogni anno per i sacerdoti in ospedale

A Parma l’unica documentazione di cui siamo entrati in possesso è la convenzione tra l’AUSL di Parma e il “competente ordinario diocesano” risalente al 25 maggio 1990. In tale data, con deliberazione 1417, AUSL e Diocesi concordavano il passaggio del personale religioso, che prima era inquadrato tra i dipendenti dell’ospedale, al regime convenzionato ai sensi della normativa regionale da poco approvata (L.R. n.12/1989). La spesa per le casse pubbliche non veniva certo messa in discussione, ma i soldi approdavano nelle casse della Diocesi (esentasse) invece che nella busta paga dei sacerdoti prescelti. In questo modo non c’è più traccia delle tasse sulle retribuzioni che prima ritornavano all’erario. La spesa per assicurare l’assistenza religiosa cattolica veniva stabilita in 125 milioni di lire per otto assistenti religiosi, e imputata al capitolo di bilancio  “spese per il personale religioso convenzionato, compresi gli oneri riflessi”. In assenza di ulteriori dati e sottoponendo la spesa fissata nel 1990 ad un calcolo di interessi legali dal 1991 al 2013 (senza anatocismo), la cifra che stimiamo possa essere erogata oggi è di circa 134mila euro ogni anno.

ar-bilancio-aouparma-screenshotNon è finita qui. A Parma c’è anche l’Azienda Ospedaliero-Universitaria. Non essendo riusciti ad acquisire la convenzione, abbiamo controllato il relativo bilancio pubblicato sul sito della Regione Emilia Romagna. Ad oggi il più recente è quello dell’esercizio 2012, da quale emerge che tra le consulenze non sanitarie quella più salata è per il “personale religioso”, che pesa per 142.030 euro.

Riducendo prudenzialmente la cifra stimata per l’AUSL del 20% e sommandola a quella documentata per l’Azienda Ospedaliero Universitaria dell’esercizio 2012, l’esborso totale per l’assistenza religiosa cattolica a carico del Sistema Sanitario Nazionale a Parma risulta essere 250mila euro l’anno. Di seguito i link per consultare la tutta la documentazione.

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Assistenti religiosi: le onerose convenzioni dell’AUSL Bologna

10 Gennaio 2014

Seconda puntata dell’inchiesta del Circolo Uaar di Bologna sull’assistenza religiosa cattolica nelle strutture sanitarie. Dopo aver analizzato le onerose convenzioni del Sant’Orsola, è ora la volta dell’AUSL Bologna. La Direzione Generale dell’Azienda USL Bologna dichiara che l’unico atto in suo possesso riferito all’assistenza religiosa è la convenzione contenuta nella deliberazione 269 del 22/11/2005 la quale, sottilinea la Direzione Generale, “prevede il rinnovo tacito di anno in anno”. Andiamola dunque a esaminare.

Come prevedibile, l’assistenza religiosa cattolica è profumatamente pagata dai contribuenti anche all’ospedale Maggiore e nelle altre strutture sanitarie dell’AUSL Bologna. Per nove assistenti religiosi (AR) l’AUSL versa, dal 2006, 268.000 euro l’anno direttamente nella casse della Curia. Sono circa 30.000 euro per assistente religioso scelto a insindacabile giudizio dell’ordinario diocesano.

E già i conti non tornano: perchè un AR al Sant’Orsola costa 25.585,20 euro l’anno (dato 2013, dove cinque AR costano 127.926 euro) mentre al Maggiore o al Bellaria ne costava già nel 2006 ben 29.777,77? Eppure la legge regionale di riferimento è la stessa, e per gli assistenti religiosi parla di “trattamento economico del settimo livello” (ora categoria “D”). Il cui lordo ricavato dalle tabelle contrattuali è più basso di entrambe le cifre. Che i compensi siano stati arrotondati in eccesso di qualche migliaio di euro?

Altro aspetto controverso è il passaggio dal regime di pianta organica a quello di convenzione. Fino al 2005 infatti al Maggiore erano presenti quattro AR stipendiati direttamente dall’ospedale. Dal 2006 anche questi sono confluiti nel regime di convenzione. La differenza è che nel primo caso i soldi pubblici venivano dati agli AR dall’ufficio stipendi dell’ospedale, mentre in regime di convenzione vengono dati alla Curia. In altre parole prima erano sicuramente assoggettati a tassazione e dunque una parte ritornava nelle casse pubbliche, dopo spariscono nelle casse di via Altabella, che non ci risultano essere sottoposte ai controlli ordinari dell’Agenzia delle Entrate.

Non è finita. L’erogazione annua di 268.000 euro è relativa a un numero di nove assistenti religiosi fissato nel 2006. La normativa prevede che il numero di AR dipenda dai posti letto. Visti i tagli che questi hanno subito negli ultimi anni c’è da chiedersi se anche il numero di AR non dovesse venire conseguentemente rivisto al ribasso. Non ci risulta che sia stato fatto.

Altre caratteristiche della convenzione dell’AUSL Bologna per gli assistenti religiosi sono simili a quelle già esaminate per il Sant’Orsola. Il “servizio di assistenza religiosa gode di “piena autonomia operativa con dipendenza esclusiva dal Vescovo” e prevede “amministrazione dei sacramenti, cura delle anime, catechesi e esercizio del culto”. Per quanto assurdo, queste attività religiose vengono pagate dall’ospedale e di conseguenza preziose risorse sono sottratte ai servizi medici e infermieristici. Agli assistenti religiosi “sono garantiti l’uso di una cappella e di un ufficio con relativi arredi, attrezzature e accessori”, nonché alloggio e servizi a un canone irrisorio (su richiesta). In ogni caso “le usuali spese di culto, nonché quelle della conservazione degli arredi, suppellettili e attrezzature occorrenti per il funzionamento del servizio, la manutenzione ordinaria e straordinaria, le pulizie, nonché le spese di illuminazione e riscaldamento di tutti i locali adibiti al servizio di assistenza religiosa, sono a carico dell’Azienda“.

Può suonare beffardo: nella convenzione è scritto che “il servizio di assistenza religiosa è gratuito”. Tanti purtroppo pensano che lo sia, ma come abbiamo mostrato è pagato dai contribuenti a benificio della Curia e dei soli e sempre meno numerosi pazienti cattolici.
Rinnovando l’auspicio che il consiglio regionale abolisca le norme che obbligano gli ospedali a versare fondi pubblici alla Curia, riportiamo di seguito  il link per scaricare il testo della convenzione che abbiamo commentato.

Convenzione tra l’Azienda USL di Bologna e l’Ordinario diocesano di Bologna per la disciplina del servizio di assistenza religiosa cattolica presso gli stabilimenti dell’Azienda USL di Bologna. Periodo 2005-2006

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Assistenti religiosi e suore: le onerose convenzioni dell’ospedale Sant’Orsola

22 Dicembre 2013

Chi pensa che gli assistenti religiosi cattolici che circolano negli ospedali facciano volontariato si deve ricredere. Del costo pubblico che sostiene ogni anno l’ospedale Sant’Orsola per personale scelto dal card. Caffarra e dedicato al culto cattolico ne avevamo già parlato a marzo, riprendendo un articolo di Repubblica. Ora siamo però entrati in possesso dei testi delle convenzioni vigenti. Oltre a quella firmata con il cardinale, ne spunta anche un’altra, anche questa in essere da anni (forse da decenni) firmata con le suore dell’Immacolata concezione.

Card Caffarra al Sant'Orsola (archivio Regione)

Card Caffarra al Sant'Orsola (archivio Regione)

Partiamo dalla convenzione con l’Arcidiocesi.
Anche in tempi di crisi l’ospedale retribuisce con il “trattamento economico del settimo livello” (art. 6 della convenzione) cinque assistenti religiosi scelti dal card. Caffarra. Totale di spesa annua: 127.926,00 euro. Degno di nota anche il fatto che somma venga consegnata in rate trimestrali all’ordinario diocesano, non direttamente ai cinque religiosi. Inoltre (art.4) agli assistenti religiosi è permesso far entrare in ospedale e nei “locali di degenza” sacerdoti, diaconi e laici — nel senso di religiosi non facenti parti del clero — con semplice comunicazione dei loro nominativi. Non ci risulta che tale libertà d’azione all’interno di un ospedale sia concessa ad altra organizzazione non istituzionale.

L’ospedale si impegna formalmente a pubblicizzare il servizio di assistenza religiosa cattolica. Lo fa ad esempio con una pagina sul proprio sito, dove si possono leggere i servizi messi a disposizione: messe, confessioni, battesimi. Nella pagina si parla di “servizi religiosi”, ma non è specificato che l’unica religione prevista è quella cattolica. Non risulta poi che l’ospedale metta a disposizione servizi di assistenza morale o psicologica per atei e agnostici. Comunque la si voglia considerare, siamo di fronte a una discriminazione per pazienti e personale ospedaliero non cattolici.

Particolarmente interessanti sono le ultime righe dell’art.4: “eventuali esigenze terapeutiche non possono, in caso di pericolo di vita, impedire agli assistenti religiosi o ai loro collaboratori di svolgere il proprio ministero, qualora sia richiesto dai ricoverati o dai loro congiunti che li assistono”. In pratica per esigenze religiose cattoliche, avanzate anche da un congiunto, l’ospedale si impegna a interrompere cure salvavita! Ben venga la libertà di scelta su come morire, è anche una rivendicazione dell’Uaar. Ma è inaccettabile che questo sia garantito, con tanto di impegno scritto, solo per esigenze religiose messe in pratica da incaricati della Curia.

Non ci si limita a retribuire gli assistenti religiosi cattolici come personale ospedaliero. Gli artt. 7 e 8 della convenzione garantiscono: cappella, alloggi con servizio di pulizia e cambio biancheria, sala riunioni, accesso alla mensa a prezzo convenzionato, bagde ufficiale dell’ospedale, pagamento assicurazione infortuni, agevolazioni per il parcheggio. Oltre alla copertura di tutte le spese ordinarie e straordinarie per il culto. Sarebbe interessante quantificare queste spese sostenute dall’ospedale, inevitabilmente sottratte alle cure di tutti i pazienti, quando invece potrebbero essere benissimo poste a carico dell’Arcidiocesi di Bologna.

Si affronta inevitabilmente anche la questione privacy (art.10): ovviamente gli assistenti religiosi non la devono violare. Ma di fatto l’ospedale consente loro l’accesso a dati estremamente sensibili, affrontano anche situazioni di “conflitto di interessi”: si pensi alle donne che chiedono la pillola del giorno dopo, o sono ricoverate per una interruzione di gravidanza o alla stessa possibilità di “schedare” il personale non obiettore. Non solo: come già detto agli assistenti religiosi è permesso nominare loro collaboratori e anche questi avranno libero accesso ai locali di degenza.

Veniamo ora a esaminare i punti salienti della convenzione con le suore dell’Immacolata concezione.
In questo caso non c’è una retribuzione diretta, e maliziosamente si potrebbe ipotizzare che il fatto che siano donne abbia un peso. Sono presenti comunque una serie di condizioni poco compatibili con la modernità. Perché mai un servizio di “umana solidarietà” per persone “in situazioni di disagio umano” è affidato in esclusiva a un ordine religioso? Perché solo alle suore (di norma sei) viene offerto gratuitamente alloggio arredato e relativa manutenzione ordinaria e straordinaria, biancheria, utenze, due pasti giornalieri? Davvero l’Azienda osperaliero-universitaria non potrebbe accettare altri volontari alle stesse condizioni, o lasciare operare i servizi sociali, i giovani del servizio civile o anche tirocinanti universitari del Dipartimento di psicologia?

Nonostante il nome apparentemente laico di servizio di “umana solidarietà”, di fatto la convenzione prevede la collaborazione tra suore e assistenti religiosi per le attività di culto. E questo anche se la stessa convenzione specifichi in modo un po’ surreale che le suore devono operare a prescindere dalle convinzioni religiose. Anche per le suore è infine previsto il badge dell’ospedale, che le fa apparire a tutti gli effetti come inquadrate nel sistema sanitario nazionale.

Di seguito si possono consutare le convenzioni che abbiamo illustrato. Le basi normative non fanno capo al Concordato, ma a una semplice legge regionale, la nr. 12 del 1989. Ci sarà qualche consigliere regionale che rimedierà a questa ennesima ingerenza clericale con relativa e inevitabile sottrazione di soldi pubblici?

Ecco i testi delle convenzioni:

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Apericena Art.33 Annulla il debito!

5 Dicembre 2013
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apericena sabato 14 dicembre

apericena sabato 14 dicembre

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Rivedere la tassa di religione comunale: mozione Franco Grillini (LibDem) in Regione

29 Novembre 2013
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All’interpellanza in cui si chiedeva di quantificare l’esborso di denaro pubblico in favore del patrimonio immobiliare ecclesiastico la Regione Emilia Romagna, tramite l’assessore regionale Alfredo Peri, ha risposto che «non è possibile indicare l’entità del contributo per chiese ed altri edifici religiosi che annualmente i Comuni destinano agli Enti religiosi». Il lavoro di inchiesta dell’Uaar dimostra oggi di essere ancora una volta determinante, sostituendo la scarsa trasparenza delle istituzioni.

Chiesa Corpus Domini, costruita con finanziamento comunale (fonte Googlemaps)

Chiesa Corpus Domini, costruita con finanziamento comunale (fonte Googlemaps)

I dati raccolti nella campagna Uaar “Oneri” e in particolare quelli dell’inchiesta condotta dal circolo Uaar di Bologna sui comuni della nostra provincia sono infatti alla base della mozione presentata il 27 novembre scorso dall’on. Franco Grillini all’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. Prendendo spunto proprio dai nostri lavori, la mozione sottopone all’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna il problema di rimodulare le percentuali di assegnazione degli oneri di urbanizzazione, di informare i comuni e di monitorare il loro utilizzo nel territorio al variare dei cambiamenti sociali e delle necessità pubbliche (vedi comunicato stampa della Regione).

Ai Comuni dell’Emilia Romagna sarà finalmente chiaro che possono rivedere la “tassa di religione” che versano ogni anno alle confessioni religiose, con la Chiesa cattolica che incamera quasi tutti il gettito. Soprattutto in tempo di crisi è inaccettabile regalare soldi pubblici a Curie straricche, sottraendoli alle opere come scuole, asili nido, parchi pubblici. Una “decima” che si può ridurre e addirittura azzerare con una semplice votazione in consiglio comunale, ma che i comuni pensano (o fanno finta di pensare) che sia dovuta per legge.

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