Il referendum sui finanziamenti comunali alle scuole private paritarie bolognesi si farà. Lo ha annunciato ieri in conferenza stampa il Nuovo comitato articolo 33, che vede tra i promotori l’Uaar assieme alla Chiesa Metodista, ad associazioni di genitori e insegnanti, a sindacati della scuola e ad altre realtà della società civile. Per raggiungere e superare la quota delle 9.000 firme per indire il referendum consultivo comunale è occorsa soltanto la metà del tempo previsto. L’aperta ostilità della Curia e del principale partito della maggioranza (Pd) – allineato per l’occasione con l’opposizione (Udc, Pdl e Lega Nord) – non hanno dunque costituito un handicap. Anzi, forse hanno rappresentato addirittura un propellente dell’entusiasmo mostrato da molti cittadini.
Ricordiamo che il Comune di Bologna destina ogni anno oltre un milione di euro a scuole dell’infanzia private paritarie, che si va a sommare ai contributi che già elargiscono stato e regione. Delle 74 sezioni finanziate, 73 sono federate FISM. Propongono cioè un “progetto educativo” cattolico, che deve essere obbligatoriamente accettato dalle famiglie. Mancando posti nelle scuole statali o comunali, tanti genitori si trovano così costretti a iscrivere il proprio figlio a una scuola di ispirazione religiosa. Una palese violazione di diritti costituzionali, dato che la Repubblica è obbligata a istituire “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”, a prescindere che si tratti di scuola dell’obbligo o meno.
Il Nuovo comitato articolo 33 è nato per correggere queste storture attraverso lo strumento del referendum consultivo comunale: i cittadini, esprimendosi sul quesito, avranno ora la possibilità di dire se preferiscono che il comune utilizzi le risorse economiche per le scuole statali e comunali oppure per le scuole private paritarie. Una battaglia iniziata a Bologna che potrà essere esportata in altri comuni.
Un argomento che portano i sostenitori del sussidiarismo della scuola privata è che essa fa risparmiare soldi pubblici. La veridicità di questa affermazione è tutta da dimostare, mentre ampiamente dimostrata è la minor qualità educativa di questi ghetti identitari spesso travestiti da diplomifici. E tuttavia, perché la scuola privata cattolicamente orientata non dovrebbe far risparmiare ancora più soldi pubblici? Basterebbe abolire il finanziamento comunale alle scuole private paritarie. E utilizzarlo per la scuola di tutti, laica e civile, come chiedono i referendari.
Le scuole private potrebbero invece cercarsi sponsor privati: primo tra tutti la Curia Arcovescovile. A Bologna, come ha mostrato Repubblica nel febbraio 2010, possiede una “città nella città”. E i muri di molte scuole private: sui quali l’Imu, al momento, par di capire che non viene pagata. Privilegi e contributi a raffica, nessun controllo. I cittadini hanno ora la possibilità di cominciare a dire “basta”.
La redazione delle Ultimissime Uaar
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